domenica 8 dicembre 2019

Frankenstein, di Mary Shelley

Da vedere, come promesso, tre versioni cinematografiche della scena letta in classe, la "nascita" (o risveglio? o creazione? o parto? o...?) della creatura del dottor F.
In classe parleremo delle differenze che potete osservare, intanto buona visione!

1. Dal classico di James Whale del 1931, scena cult citata più volte con il mostro intepretato da Boris Karloff, ormai iconico.


2. Una delle riscritture cinematografiche più recenti, del 1994 - sì, lo so, è il secolo scorso: Frankenstein di Mary Shelley (tutto intero) di e con Kenneth Branagh. Stavolta la creatura è incarnata nientemeno che da un truccatissimo Robert De Niro.
D vedere fino al terzo minuto.

3. Il meravolgioso e impagabile Frankenstein Junior (o Young Frankenstein) di Mel Brooks, capolavoro assoluto di comicità e parodia geniale, del 1974. Stile appositamente vecchiotto, girato con tecniche citazioniste, facce indimenticabili e doppiaggio storico (nel secondo video: calma dignità e classe!). 


Già che ci siamo: trovate qui, sul sito di Radio3, una lettura quasi integrale del romanzo di Mary Shelley fatta benissimo da Tommaso Ragno, attore cinematografico e gran bella voce.

Qui, invece, una intelligente lezione su Frankenstein, nella fantastica trasmissione - sempre di Radio3 - Wikiradio: mezzora di "voce enciclopedica" curata nei dettagli e condotta, come tutte le altre, da gente competente, chiara, sintetica (in questo caso Roberto Bertinetti, professore di Letteratura inglese all'Università di Trieste, purtroppo morto da poco).

domenica 9 giugno 2019

quattro pilastri - libri per la futura quinta

Libri visti in classe, assaggiati altre volte (ma non tutti), dei quali, stavolta, la lettura è rigorosamente obbligatoria. Si può non fare? Si può, come tutto. Ma a proprio rischio e pericolo. Il peggiore rischio è quello di uscire dal liceo senza averlo fatto, ed essere persone più povere, indifese e infelici.
Per cui:

1.  George Orwell, 1984
Scritto nel 1948, invertendo le ultime due cifre della data per immaginare un futuro atroce dominato dall'incubo del controllo totale dello Stato sull'individuo.
In una Londra tetra e povera (no, non c'è progresso), un uomo e un donna che si amano di nascosto - chi altri può avere la stessa forza? - provano a resistere al potere mostruoso del Grande Fratello. Un romanzo che ha già visto tutto, che ha scrutato nel fondo del futuro per raccontare un presente al quale si deve provare a resistere. Un libro geniale, la madre di tutte le distopie.




2. Emile Zola, Germinal (consiglio la traduzione di Stefano Valenti, Feltrinelli 2013)
«Che sogno! Essere padroni, cessare di soffrire, godere finalmente!»
Tutti gli uomini desiderano essere felici. E dovrebbero esserlo, naturamente. L'ha scritto Dante e l'ha scritto Leopardi. Possiamo fidarci. Ma sappiamo che così non è, e le cause di sofferenza che ciascuno scrittore ha indicato (Dante, Leopardi, Zola...) sono differenti. La risposta "scientifica" di Zola è un pugno nel petto, perchè ci mette senza fronzoli di fronte alla vita quotidiana e alle lotte disperate di un gruppo di uomini e donne nelle minere del nord della Francia, quando l'economia spinge e scatta, e i poveracci schiattano di fatica e di fame.
Romanzo lungo ma avvincente e indimenticabile. Ci vuole solo un briciolo di fatica, a leggerlo sul divano, rispetto alle ore di lavoro in miniera di queste persone che hanno costruito il nostro benessere. Mi sembra quasi che glielo dobbiamo.




3. Scritto nello stesso anno di Germinal (1885), il famosissimo e già consigliato ABC di tutta la modernità psicologica e scientifica: The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde del grande Robert Louis Stevenson.
Ispirato da un incubo notturno, così racconta la leggendaria storia della composizione di questo capolavoro, Stevenson si addentra nei meandri della mente umana e della sua molteplicità, anticipando riflessioni sulle potenzialità e sui pericoli della (cattiva) scienza e dimostrando quanto la buona letteratura abbia la vista lunga.
Consiglio la traduzione di Fruttero&Lucentini, pubblicata da Einaudi cento anni dopo la prima edizione inglese, tuttora in commercio, e rimasta a mio avviso insuperata.



4. La famosa sfida: leggere Sofocle alle Scienze applicate.
Si può e a mio avviso si deve. Perchè pochi classici come Antigone affrontano temi così cruciali per la contemporaneità, e averlo letto, aver riflettuto su queste pagine, ci rende cittadini e cittadine più forti, persone migliori.
Stato e Religione anzi Religioni; Diritti e Doveri; Consenso e Dissenso; Libertà e Totalitarismo; Individuo e Potere; Tradizione e Nuovi diritti; Femminile e Maschile; Eros e Polemos; Eros e Logos; Corpo e Politica; Interno ed Esterno...: questi e altri i "doppi" che esplora la tragedia sofoclea nel V secolo a.C..
Superando lo scoglio di una scrittura per voi inusuale - ma non è che i vostri coetanei del Classico siano persone così strane, eh: se ce la fanno loro... - e incontrando lo stile potente di un'opera tragica antica, si aprono mondi lontani/vicini.
Ammesso ripassarsi la losca vicenda della famiglia di Antigone su wikipedia. Ammesso scivolare un po' veloci quando le cose sembrano troppo oscure.
Obbligatorio fermarsi soprattutto sulle grandi scene di dialogo: Creonte e Antigone, Creonte e il figlio Emone, Creonte e Tiresia. Sottolineare, prendere appunti, fermarsi a collegare storie di oggi (questa dei giorni scorsi è perfetta, ad esempio) o raccontate altrove (mi viene in mente il bellissimo libro La ballata di Adam Henry, di Ian McEwan, che potreste leggervi, da cui è stato anche tratto il film Il verdetto)


Buona lettura, buone vacanze 
(no, non è un'antitesi!)

venerdì 7 giugno 2019

To know her an Intemperance // As innocent as June - Libri per la futura Terza


... e quest'estate, cosa leggo? Certa che il dubbio vi attanagli e siate smaniosi di buoni, ottimi suggerimenti, faccio ancora di più e, contrariamente al solito, vi OBBLIGO a leggere due libri.
Che possono diventare dieci o venti o tre, ma due - almeno due - dovete provarci.

Intanto posso consigliarvi di partire dal nostro Xanadu: a proposito... ha vinto John Green e la classifica finale è questa (siccome molti di questi non li avete ancora letti, andrebbe bene anche attingere da qui):

1.     John Green, Tartarughe all'infinito, Rizzoli
2.     David Benioff, La città dei ladri, Beat
3.     Emily Barr, L'unico ricordo di Flora Banks, Salani
4.     Fannie Flagg, Pomodori verdi fritti , BUR
5.     David Almond, La canzone di Orfeo, Salani
6.     Ira Levin, Rosemary's Baby, Sur
7.     Kevin Brooks, Naked, Piemme - Frances Hardinge, La voce delle ombre, Mondadori
8.     Patrick Ness, Mentre noi restiamo qui, Mondadori
9.     Allan Stratton, Un viaggio chiamato casa, Mondadori
10. Colson Whitehead, La ferrovia sotterranea, Sur
Fumetto: Thomas Ott, Cinema Panopticum, Logos
Film: Stanley Kubrick, Shining


Aggiungo poi, se non ve lo foste mai segnati, ciò che ci ha consigliato Simone in biblioteca quel giorno. Mi avevano colpito, come del resto a voi, tre cose:
1. Dogchild, il nuovo di Kevin Brooks, ormai un nostro compagno di classe:


2. Tutto per una ragazza, molto più leggero, di Nick Hornby:



3. In realtà il libro che vi colpì maggiormente (mi parve) era Junk di Melvin Burgess, ma ho scoperto che il titolo è molto diverso in traduzione italiana, magari non l'avevate poi trovato. Eccolo qui!




A questa lista aggiungo solo un libro già presentato, già postato, già letto (non da voi, mi pare da nessuno, ma da altri miei studenti).
Mi permetto persino di copiare quanto già avevo scritto in un post precedente: un libro della scrittrice Harper Lee (1926-2016) che ha fatto epoca, il cui titolo originario è To kill a Mockingbird, cioè "uccidere un tordo", fare cioè gesti violenti senza motivo, o motivati in modo pretestuoso, ingiusto, inumano. Proprio come accade quando ci sono razzismi, pregiudizi, paure infondate verso l'altro, e quell'altro è percepito come una minaccia, perchè non lo si conosce ma lo si disprezza come se fosse poca cosa. 
In italiano si è scelta la metafora del Buio oltre la siepe, e superate le prime 50 pagine, a volte faticose, si scopre - lì oltre la siepe - un mondo indimenticabile. Ambientato negli anni della Grande Depressione, in Alabama, la storia di due bambini, un padre "eroe", un a comunità nera emarginata, un potenziale assassino, e un uomo segregato.
Appunto, cercate di superare lo scoglio delle prime pagine, più difficili del solito - non è un libro scritto da gente furba come Brooks e Green, apposta per agganciare i giovani lettori dalla prima riga in tempi di social! - e scoprirete una storia bellissima e un libro fondamentale per diventare ed essere adulti.


Valgono gli audiolibri, valgono altre scelte (intelligenti!), vale non finirli ma saper almeno dire perchè.

Buone vacanze a tutti!


giovedì 23 maggio 2019

Macbettu - di Alessandro Serra

Logo delle t-shirt e dei gadget in vendita al Globe Theater di Londra

Domenica 26 maggio un gruppo di noi andrà a vedere Macbettu di Alessandro Serra al Teatro Massimo.
Non c’è stato tempo di parlarne granché in classe, ma forse è meglio così: la storia tanto la conoscete ed è bello immaginare una sorpresa - in positivo o in negativo - di fronte a uno spettacolo che si preannuncia non convenzionale e di fortissimo impatto scenico.


Per chi però volesse guardarsi prima qualcosa, e leggere un paio di buone recensioni, eccone qualcuna dalla ricca rassegna stampa del sito di Sardegnateatro, che lo produce e promuove in tutto il mondo:

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/Sipario_14dic.pdf

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/Sole24ore_22giugno.pdf

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/IMG_2040.JPG che racconta del suo grande successo internazionale (95 repliche in 11 paesi).

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/ilfattoquot.pdf che è più critica e parla di alcune «discutibili» scelte di regia.

Per T. ho scovato invece una recensione in portoghese da un quotidiano di São Paulo:
https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/CulturaEstadao_6apr.pdf

Più che parlarne e leggerne prima sarebbe e forse sarà interessante farlo dopo, perchè quest’opera pone allo spettatore interrogativi potenti, a partire dal suo titolo (era necessario sardizzare il nome del protagonista, peraltro solo il suo? E perché?), per arrivare a chiedersi, tra le altre mille domande, cosa succeda nel processo di traduzione, in questo come in tutti gli altri naturalmente, e quale ponte venga così creato tra Barbagia e Scozia, tra qui e lì, tra ora e allora - e perché.

E a proposito di riscritture - più che di semplici traduzioni - vale la pena di ricordare che di Macbeth esistono moltissime versioni attualizzanti e stranianti, al cinema (la più famosa e forse paragonabile al Macbettu di Serra è Il trono di sangue di Akira Kurosawa, grande regista giapponese) e in libreria (l’ultima è rappresentata dal thriller dello scrittore norvegese Jo Nesbø), e di sue tracce è piena in generale la cultura pop, dai Simpson - era prevedibile! - a Breaking bad.



Del resto è lontano il tempo in cui il nostro Dante, nel Convivio, sosteneva che fosse impossibile tradurre la poesia - cioè la letteratura («e però sappia ciascuno che nulla cosa per legame musaico armonizzata si può de la sua loquela in altra transmutare, sanza rompere tutta sua dolcezza e armonia», Cv, I, 7), e ci lancia una bella sfida Italo Calvino quando scrive, nel 1963, che si legge veramente un autore solo quando lo si traduce, o si confronta il testo con una traduzione, o si paragonano versioni in lingue diverse.
Chissà che qualcuno di voi - prima o poi - non si (ri)metta a leggere Macbeth in lingua originale, e poi in italiano, e poi lo compari con questa traduzione di Giovanni Carroni. E lo legga così “veramente”, cioè lo comprenda, e provi meraviglia.

martedì 5 marzo 2019

Nel bunker di Don Rodrigo


Per una volta, invece che un riassunto dei Promessi Sposi, proviamo a imitare Manzoni trasformando spazi e tempi, tra Milleseicentoventotto e Duemiladiciannove. Chiamiamola "scrittura creativa", anche se dovremo seguire un modello e non "creare" ex novo

Nel capitolo del romanzo che abbiamo letto sabato sul lungomare, il quinto, padre Cristoforo sale al palazzotto di Don Rodrigo per provare a risolvere il noto problema del matrimonio tra R. e L. 

Si inoltra in una zona inospitale: un villaggio squallido e minaccioso (notate di nuovo ogni dettaglio: si capisce che è abitato da bravi, tutti provenienti da famiglie di disperati che si sono messi sotto la protezione del signor-don Rodrigo) per arrivare poi a un palazzo non nuovo, non grande, non lussuoso. Anzi. Tutti i particolari ci dicono quanto il suo proprietario sia spaventato dalle intrusioni sgradite e ossessionato dall’idea del suo (piccolo) potere da difendere. Anche qui, ogni segnale del testo ha un rilievo e può darvi uno spunto per riscrivere la scena.

E appunto, riscrivetela!

Simulate l'avvicinamento e l'entrata - con quale coraggio! - di un assistente sociale piuttosto in gamba che voglia tentare un dialogo con un "cattivo" del nostro tempo, della nostra città. Facciamo finta che il nostro eroe (o la nostra eroina, a vostra scelta!) abbia ricevuto una segnalazione per molestie, stalking, qualcosa del genere. Ambientate il racconto in un quartiere, ahimè, noto per attività di spaccio, criminalità organizzata, resistenza allo Stato. A Cagliari o in una città diversa, anche immaginaria. Immaginate una villetta isolata, o l'appartamento di un moderno Don Rodrigo, e fateci arrivare, a partire dall'attraversamento del quartiere, il vostro personaggio: abbondate in particolari significativi, lasciate andare la creatività e conduceteci fino all'ingresso in un soggiorno dove l'antagonista, il cattivone, è insieme a suoi fidati amici (chi sono gli amici, che fanno insieme, qual è l'effetto anche acustico che il protagonista avverte entrando...). E qui potete fermarvi, giungendo in sostanza al capoverso che nell'originale si conclude così: 

«Il padre s’avanzò, inchinandosi al padrone, e rispondendo, a due mani, ai saluti de’ commensali».
Se non vi è mai capitato di vedere luoghi del genere, provate a prendere spunto da fatti di cronaca, ad esempio qui (sulle case bunker dello spaccio di Sant'Elia, San Michele e Is Mirrionis), film o serie tv. 
Usate gli stessi tempi verbali che trovate nel testo (passato remoto e imperfetto), la terza persona, lavorate di fino sulla "psicologia dei luoghi", e divertitevi.



mercoledì 30 gennaio 2019

Parigi in sei film

Iniziamo con uno splendido classico: I 400 colpi di François Truffaut. Film indimenticabile e citatissimo (la scena finale, quella del video sotto, con la corsa verso il mare del protagonista, entra anche nei Simpson), uscito nel 1959 e recentemente restaurato, è «una specie di cronaca dei 13 anni», come disse il regista stesso.
La storia, ambientata in gran parte a Parigi, è quella di Antoine, ragazzino solo, poco ascoltato da due genitori distratti, sensibile e acuto ma aggrovigliato come molti tredicenni, fragile ma coraggioso. E' uno dei capolavori assoluti della storia del cinema: Parigi o non Parigi, torre Eiffel o non torre Eiffel, va visto e basta.



Il favoloso mondo di Amélie, di Philippe Jeunet, invece, può anche non essere visto, ma è senza dubbio un film originale e piacevole, ha una colonna sonora che resta impressa e visi espressivi ai quali ci si affeziona.
La Parigi che si vede (e si vede molto) ha un che di fiabesco e senza tempo, i colori sono smaglianti e ogni dettaglio curato, forse pure troppo. Divertente di sicuro, ritmato, molto "femminile", se così posso dire, il film, del 2001, racconta la piccola storia di Amélie Poulain, che innamorandosi di un misterioso cacciatore di fototessere trova il coraggio di vivere la sua vita ed essere qualcosa di più di una ragazza introversa che di nascosto rende felice gli altri.




Il film del regista newyorkese Woody Allen, Midnight in Paris, gioca in modo intelligente e divertente (a patto di cogliere o almeno intuire i riferimenti, le citazioni le vere e proprie imitazioni dei personaggi che compaiono nel film) con il sogno di una Parigi del passato: il protagonista compie sorprendenti viaggi notturni incontrando Hamingway, Picasso, un buffissimo Dalì e altri artisti e scrittori che hanno fatto grande la Parigi degli anni '20. Si innamora (davvero o di un'idea?) e realizza quanto la nostalgia sia un sentimento pericoloso e universale. Un viaggio nel tempo in una città senza tempo.


Paris. Je t’aime è un film/mosaico costruito collettivamente da registi diversi, tutti - più o meno - famosi e tutti impegnati a raccontare un arrondissement di Parigi.
Dovevano perciò essere 20 episodi, uno per ciascuno, ma per motivi a me ignoti si sono fermati a 18, ciascuno di cinque minuti. Sono comunque tanti, da vedere anche random, e in due orette ci si fa un'idea complessiva e zigzagante della città. Alcuni sono davvero interessanti, altri meno riusciti, ma potete andare a caccia delle zone che vi incuriosiscono, ad esempio il Faubourg Saint-Denis, non troppo lontano dal nostro albergo, nel X.




Per sognare e giocare con l'immaginazione, un viaggio all'indietro - come le lancette di un orologio - verso la fascinosissima Parigi del primo Novecento, quando il cinema era ai suoi esordi: ispirato dal meraviglioso romanzo illustrato di Brian Selznick, il grande regista americano Martin Scorsese ci regala Hugo, un gioco cinematografico in 3D (bello comunque anche senza) in cui l'innovazione tecnologica è funzionale alla dimostrazione di una tesi.
Posto che il film è godibile a prescindere dai riferimenti e dalle citazioni che possiamo riuscire a cogliere (elencate dettagliatamente da wikipedia), a partire dalla scena iniziale (un incredibile piano sequenza dal cielo di Parigi fino all'interno di un grande orologio nella stazione di Montparnasse) il film è una gioia per gli occhi - fotografia, scenografia, costumi, attori - e la mano del regista di classe si sente eccome. Un film anche per bambini (un po' cresciuti), ma soprattutto un omaggio ai film e alla magia del cinema di cui Parigi, si sa, è stata la patria.



Chiudo tornando a un gran film che sceglie per precise ragioni di stile un ruvido bianco e nero e, rovesciando lo sguardo finale dritto in camera del protagonista del film di Truffaut, si chiude con gli occhi sbarrati e poi chiusi del "parigino" Said.  
La haine (ovvero L'odio) è un film del 1995 di Mathieu Kassovitz, con un giovane Vincent Cassel - "Vinz", ebreo, bianco e rabbioso - e i suoi amici Said, magrebino fragile, e Hubert, pugile nero razionale ed equilibrato.
Il film, implacabile, segue una loro intera giornata, scandita da noia, giri senza meta, desiderio di vendette e loschi affari che li portano dalla loro banlieue (i palazzoni della periferia parigina, luoghi di spaccio e disagio sociale) al centro della ville lumiére, nel cuore della notte e della violenza urbana. La tensione del film non è gratuita, mai, e lo spunto storico sono le rivolte delle periferie disagiate parigine, nelle quali polizia e abitanti sono obbligati reciprocamente allo scontro. Qualcosa di molto diverso (politicamente parlando) dalle sommosse dei gilets jaunes, che ci racconta in modo esplicito ed elettrico i fallimenti e le tragedie del mito dell'égalité. Lo slogan pubblicitario "Le mond à vous", trasformato di nascosto - quasi per pudore - in un "nous" è la tragica ironia della complessità di una città luminosa ed elegante quanto ingiusta come tutte le metropoli. Anche qui, come in Truffaut e negli altri film, compare la Tour Eiffel, che si spegne.
Film culto per la cultura hip-hop e necessario per tutti. Se ancora non l'avete visto, è il momento di farlo.

Una nota: Mathieu Kassovitz, che per la regia di questo film ha vinto a 28 anni la Palma d'Oro a Cannes, è il protagonista maschile del film ad esso più antitetico fra quelli raccontati, Il favoloso mondo di Amélie.


martedì 8 gennaio 2019

Annunci stellari e scrittura scientifica


Sfoglia il SN in archive.org

Intanto, l'articolo di Alan Betts letto in classe: http://alanbetts.com/research/paper/a-proposal-for-communicating-science/ (per gli appassionati di meteorologia, tutto il sito è una vera miniera!).  

I siti delle più note riviste scientifiche del mondo:
https://www.sciencemag.org/
https://www.nature.com/
https://www.thelancet.com/

Esempi di  riviste “top” di settori più specifici:
Meteorologia: https://www.ametsoc.org/index.cfm/ams/publications/bulletin-of-the-american-meteorological-society-bams/
Geometria (si tratta della più illustre rivista italiana, fondata nel 1923...) https://www.springer.com/mathematics/journal/10231
Geografia: https://link.springer.com/journal/11442
Farmacologia: http://pharmrev.aspetjournals.org/

Chi pubblica?
Gruppi editoriali scientifici, i giganti…
https://www.elsevier.com/ e https://www.springer.com/it

Le conseguenze e le reazioni (il primo è un articolo non tanto recente, ma rende l’idea):
https://www.repubblica.it/scienze/2012/05/05/news/costo_riviste_scientifiche-34096382/
Sulla situazione italiana: https://www.roars.it/online/open-access-open-science-litalia-un-paese-in-grave-ritardo/

Altre possibilità:
«Plos One», rivista ad "accesso aperto" in cui vige un rigoroso sistema di revisione tra pari (peer-review): https://www.plos.org/


Chi controlla la qualità? E come? Ad esempio...
https://en.wikipedia.org/wiki/Institute_for_Scientific_Information
https://en.wikipedia.org/wiki/Academic_Ranking_of_World_Universities

E infatti anche l'open access, se a fini di lucro (bel paradosso!), ci porta verso impressionanti derive, come racconta la bella inchiesta di un gruppo di giornalisti tedeschi e francesi e americani per il  Süddeutsche Zeitung (tradotta per «Internazionale» dello scorso settembre).

Altre risorse:
La AAAS (American Association for the Advancement of the Science), oltre a pubblicare «Science», promuove il servizio EurekAlert!, il primo sito web - e attualmente uno dei più importanti - dedicato alla comunicazione scientifica e canale fondamentale per la divulgazione (i giornalisti scientifici, cioè, lo spulciano per trovare notizie interessanti tratte da tutte le riviste importanti del mondo: un sorta di ANSA per la comunicazione di scienza).
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2019-01/cp-sre010419.php

Sull’embargo (in particolare nella comunicazione scientifica): www.cattivamaestra.it/2016/06/embargo-notizie-scientifiche/

Per chi volesse sapere di più su LaTeX: https://www.latex-project.org/
https://it.wikipedia.org/wiki/LaTeX

Sulla lingua di Galileo, sintetica ma non troppo, la voce curata da Maria Luisa Altieri Biagi per l'Enciclopedia dell'Italiano - Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/galileo-galilei_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/

Per finire, un articolo molto chiaro di Pietro Greco, su cui torneremo, a proposito del ruolo cruciale del Sidereus Nuncius per la moderna comunicazione scientifica: http://www.scienzaefilosofia.com/2018/03/26/il-sidereus-nuncius-e-lorigine-della-comunicazione-pubblica-della-scienza/