giovedì 9 aprile 2015

ITIS Galileo, di Marco Paolini, al teatro Massimo

«L'arte e la scienza dovrebbero sempre essere ribelli rispetto al pensiero dominante del loro tempo»



Sabato mattina andremo dunque a vedere ITIS Galileo di Marco Paolini.

Qualsiasi sia l'effetto che vi farà lo spettacolo (vi piacerà?) è un'occasione preziosa di essere presenti a un evento importante nel panorama teatrale italiano, perchè Paolini è un attore, regista e drammaturgo di grande livello, molto noto e molto bravo.

Non assisteremo a uno spettacolo "recitato", in cui un attore veste i panni di un personaggio, ma ad un teatro "narrativo" in cui qualcuno - Paolini - ci racconterà una storia.
E quale storia può essere più interessante, coinvolgente e avventurosa della vita del nostro più grande scienziato (oltre che scrittore di scienza, divulgativo e non)? Galileo Galilei, il "padre della scienza moderna", che muore vecchio e sconfitto (o no?), che trionfa comunque sull'ignoranza e la superstizione (o no?), che scruta il cielo, e scrive e legge e fino all'ultimo si pone domande e si dà risposte, anche sbagliate ma tutte geniali.

Chi ha già studiato le vicende umane, letterarie e filosofiche del meraviglioso Seicento capirà forse un po' di più. Gli altri, si godano lo spettacolo e mettano in saccoccia, che prima o poi, di Galileo, sentiranno parlare ancora...

“Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro. Sarà perché le leggi dell’economia non sono leggi matematiche e contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo la consacrazione dell’universo post-rivoluzione copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino le previsioni dell’oroscopo che utilizzano le stelle fisse di Tolomeo. Alla fine non importa se il cielo non è così, perché quello che conta è che ci piace.
Galileo è usato spesso come simbolo della scienza libera contro la fede integralista, ma in realtà è uno che per campare fa anche oroscopi. Eppure ha la forza di guardare oltre. Per noi è facile irridere le teorie del passato, quando finiscono le teorie fanno sempre ridere. Il problema è che mentre ci sei dentro continui a pensare che non sia teoria, ma spiegazione della realtà”
. M.P.



mercoledì 8 aprile 2015

La sentenza di Strasburgo sul G8 di Genova

Un'aula della scuola Diaz, dopo l'irruzione della polizia, durante il G8 di Genova

Su «Internazionale» on line di oggi, Luigi Manconi (sociologo e senatore sassarese) ci spiega con parole chiare «perchè gli italiani hanno paura della polizia».

L'articolo è un commento alla importante sentenza della Corte di Strasburgo, emanata ieri, con la quale si condanna l'Italia per le torture (gravissime, accertate e sostanzialmente impunite) durante il G8 di Genova, sulle quali potete leggere qui e, in via riepilogativa, poichè nel luglio 2001 eravate bambini, qui o qui...

Ci fa capire bene che una legislazione efficace garantisce giustizia, e che a volte una decisione assurda dei giudici dipende da decisioni assurde o mancate da parte del Parlamento (che le leggi le scrive e approva), perchè

«L’Italia è stata condannata anche per l’assenza di rimedi giurisdizionali interni: per il fatto, cioè, che le vittime di quelle torture non hanno potuto avere giustizia davanti alle corti nazionali. E non certo per negligenza della magistratura, ma semplicemente perché l’ordinamento giuridico italiano non prevede il reato di tortura».

L'articolo (e in generale il tema) è molto interessante, infine, per chi, di noi, si è interrogato sul legame tra potere, forza e violenza (a proposito della «bestia» di Machiavelli): la polizia ha la grande responsabilità di poter usare la forza - non la violenza, non la tortura - per garantire la legalità ai cittadini, e ha il dovere di rispettare l'individuo anche quand'egli sia (o ritiene che sia, il che fa già una grossa differenza!) un delinquente. Sempre.

PS: su cosa sia la Corte di Strasburgo... http://it.wikipedia.org/wiki/Corte_europea_dei_diritti_dell%27uomo




mercoledì 1 aprile 2015

Leopardi e il desiderio di infinito

John Constable, Seascape study with rain cloud, c. 1824

Un articolo forte di Gianni Celati (scrittore e critico letterario) su Leopardi e il suo senso per noi (anche) oggi. Per i ragazzi di quinta, naturalmente. 
Non è semplice nè facile, ma se lo leggete con calma e lo capite a fondo è fatta. 

«La prima cosa che vorrei cercare di fare è suggerire di ascoltare i frammenti dello Zibaldone di Leopardi sullo sfondo di tutte queste frasi fatte che ci inducono giorno per giorno a essere sempre più ottimisti verso l'avvenire, verso il progresso, quello che possono fare i politici per noi, ottimisti sulla scuola - tutto quell'ottimismo che quel tale lì per mezz'ora stilò come programma del suo partito. Questo è uno sfondo inevitabile. Non credo che si possa leggere Leopardi al giorno d'oggi senza pensare a questo sfondo, cioè lo sfondo di parole che ci vengono addosso e che sono parole pubblicitarie...» continua su doppiozero.com: http://www.doppiozero.com/materiali/lettura/leopardi-e-il-desiderio-infinito