giovedì 23 maggio 2019

Macbettu - di Alessandro Serra

Logo delle t-shirt e dei gadget in vendita al Globe Theater di Londra

Domenica 26 maggio un gruppo di noi andrà a vedere Macbettu di Alessandro Serra al Teatro Massimo.
Non c’è stato tempo di parlarne granché in classe, ma forse è meglio così: la storia tanto la conoscete ed è bello immaginare una sorpresa - in positivo o in negativo - di fronte a uno spettacolo che si preannuncia non convenzionale e di fortissimo impatto scenico.


Per chi però volesse guardarsi prima qualcosa, e leggere un paio di buone recensioni, eccone qualcuna dalla ricca rassegna stampa del sito di Sardegnateatro, che lo produce e promuove in tutto il mondo:

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/Sipario_14dic.pdf

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/Sole24ore_22giugno.pdf

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/IMG_2040.JPG che racconta del suo grande successo internazionale (95 repliche in 11 paesi).

https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/ilfattoquot.pdf che è più critica e parla di alcune «discutibili» scelte di regia.

Per T. ho scovato invece una recensione in portoghese da un quotidiano di São Paulo:
https://www.sardegnateatro.it/sites/default/files/CulturaEstadao_6apr.pdf

Più che parlarne e leggerne prima sarebbe e forse sarà interessante farlo dopo, perchè quest’opera pone allo spettatore interrogativi potenti, a partire dal suo titolo (era necessario sardizzare il nome del protagonista, peraltro solo il suo? E perché?), per arrivare a chiedersi, tra le altre mille domande, cosa succeda nel processo di traduzione, in questo come in tutti gli altri naturalmente, e quale ponte venga così creato tra Barbagia e Scozia, tra qui e lì, tra ora e allora - e perché.

E a proposito di riscritture - più che di semplici traduzioni - vale la pena di ricordare che di Macbeth esistono moltissime versioni attualizzanti e stranianti, al cinema (la più famosa e forse paragonabile al Macbettu di Serra è Il trono di sangue di Akira Kurosawa, grande regista giapponese) e in libreria (l’ultima è rappresentata dal thriller dello scrittore norvegese Jo Nesbø), e di sue tracce è piena in generale la cultura pop, dai Simpson - era prevedibile! - a Breaking bad.



Del resto è lontano il tempo in cui il nostro Dante, nel Convivio, sosteneva che fosse impossibile tradurre la poesia - cioè la letteratura («e però sappia ciascuno che nulla cosa per legame musaico armonizzata si può de la sua loquela in altra transmutare, sanza rompere tutta sua dolcezza e armonia», Cv, I, 7), e ci lancia una bella sfida Italo Calvino quando scrive, nel 1963, che si legge veramente un autore solo quando lo si traduce, o si confronta il testo con una traduzione, o si paragonano versioni in lingue diverse.
Chissà che qualcuno di voi - prima o poi - non si (ri)metta a leggere Macbeth in lingua originale, e poi in italiano, e poi lo compari con questa traduzione di Giovanni Carroni. E lo legga così “veramente”, cioè lo comprenda, e provi meraviglia.