martedì 5 marzo 2019

Nel bunker di Don Rodrigo


Per una volta, invece che un riassunto dei Promessi Sposi, proviamo a imitare Manzoni trasformando spazi e tempi, tra Milleseicentoventotto e Duemiladiciannove. Chiamiamola "scrittura creativa", anche se dovremo seguire un modello e non "creare" ex novo

Nel capitolo del romanzo che abbiamo letto sabato sul lungomare, il quinto, padre Cristoforo sale al palazzotto di Don Rodrigo per provare a risolvere il noto problema del matrimonio tra R. e L. 

Si inoltra in una zona inospitale: un villaggio squallido e minaccioso (notate di nuovo ogni dettaglio: si capisce che è abitato da bravi, tutti provenienti da famiglie di disperati che si sono messi sotto la protezione del signor-don Rodrigo) per arrivare poi a un palazzo non nuovo, non grande, non lussuoso. Anzi. Tutti i particolari ci dicono quanto il suo proprietario sia spaventato dalle intrusioni sgradite e ossessionato dall’idea del suo (piccolo) potere da difendere. Anche qui, ogni segnale del testo ha un rilievo e può darvi uno spunto per riscrivere la scena.

E appunto, riscrivetela!

Simulate l'avvicinamento e l'entrata - con quale coraggio! - di un assistente sociale piuttosto in gamba che voglia tentare un dialogo con un "cattivo" del nostro tempo, della nostra città. Facciamo finta che il nostro eroe (o la nostra eroina, a vostra scelta!) abbia ricevuto una segnalazione per molestie, stalking, qualcosa del genere. Ambientate il racconto in un quartiere, ahimè, noto per attività di spaccio, criminalità organizzata, resistenza allo Stato. A Cagliari o in una città diversa, anche immaginaria. Immaginate una villetta isolata, o l'appartamento di un moderno Don Rodrigo, e fateci arrivare, a partire dall'attraversamento del quartiere, il vostro personaggio: abbondate in particolari significativi, lasciate andare la creatività e conduceteci fino all'ingresso in un soggiorno dove l'antagonista, il cattivone, è insieme a suoi fidati amici (chi sono gli amici, che fanno insieme, qual è l'effetto anche acustico che il protagonista avverte entrando...). E qui potete fermarvi, giungendo in sostanza al capoverso che nell'originale si conclude così: 

«Il padre s’avanzò, inchinandosi al padrone, e rispondendo, a due mani, ai saluti de’ commensali».
Se non vi è mai capitato di vedere luoghi del genere, provate a prendere spunto da fatti di cronaca, ad esempio qui (sulle case bunker dello spaccio di Sant'Elia, San Michele e Is Mirrionis), film o serie tv. 
Usate gli stessi tempi verbali che trovate nel testo (passato remoto e imperfetto), la terza persona, lavorate di fino sulla "psicologia dei luoghi", e divertitevi.